Hachiko torna per la terza volta sul grande schermo in una edizione di produzione tutta cinese, curata dalla sapiente ed empatica mente del regista Ang Xu. Una World Festival Première del Far East Film Festival 25, oltre che copertina del catalogo della 25esima edizione, che racconta la famosa storia di Hachiko, l’esemplare fedele di Akita Giapponese. In questa magistrale rivisitazione troviamo però l’ambientazione delle vicende della pallottolina di pelo nella zona rurale della Cina. Trovato per caso, in mezzo alla strada, durante un trasferimento lavorativo dal docente universitario Jingxiu Chen, sin dal principio conquista il cuore del protagonista, oltre che quello degli spettatori. Il docente inizialmente cerca di riportare il cane al luogo al quale potrebbe appartenere, rivelandosi però un posto disabitato, e senza ombra di dubbio un macello dove i cani invece che stare in una calorosa famiglia, finivano dritti nel piatto o nel cartoccio di una pietanza da street food.

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Conquistando la fiducia con un pezzo di carne secca che doveva essere destinata ai colleghi, decide di portarselo a casa di nascosto dalla sua famiglia, di sopra in camera propria. Per una combinazione di eventi, spunta fuori il nome perfetto per l’Akita: Batong. Vi chiederete però da dove salta fuori questo singolare nome: il cagnolino dall’energia di una batteria Duracell fa scivolare una scatola di tessere di Mahjong alle quali la donna gioca puntando soldi assieme alle amiche di quartiere, e si tiene da parte una tessera, dalla quale appunto deriva l’omonimo nome (significa otto cerchi, chiarissima reference in chiave cinese ad “Hachiko”). La gioia e l’irriverenza del cucciolotto, com’è normale che sia, però si fa sgamare dal figlio che prontamente fa rapporto alla madre. Quest’ultima redarguisce il marito, chiedendogli spiegazioni e dicendogli che ha rotto la promessa fatta il giorno del matrimonio (la donna è spaventata dai cani, visto che è stata morsa da piccolina). L’uomo si vede quindi costretto a cercare una famiglia ed all’insaputa inizialmente la donna dà ad una persona a caso il batuffolo di nome Batong, che rischia di finire per l’appunto la pietanza dell’acquirente. Accortosi in tempo, Jingxiu libera il cagnolino e se lo riporta a casa, chiedendo spiegazioni e cercando di imporre paletti nella ricerca di una figura idonea e che soprattutto tenga bene il cuccioletto. Dopo una lunga ricerca, dove ogni potenziale acquirente risulta inidoneo, alla fine la famiglia si affeziona, e diventa un vero e proprio membro della famiglia.

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Come tutti ci ricorderemo, Hachiko è noto per attendere l’arrivo del suo proprietario nella stazione, e nella produzione del 2008 con Gere ci ricordiamo il lancio della pallina. In questo caso, l’escamotage per far rincasare il cagnolino è affidare all’Akita il giornale, da destinare alla moglie Li. La storia prosegue, con la famiglia che vede dei grossi cambiamenti come il figlio che ha trovato un posto di lavoro come web designer fuori città, o la figlia che trova un ragazzo e mette su famiglia, più altri grossi cambiamenti da scoprire, garantendoci anche momenti ilari e con battute che molte volte fanno scappare diverse risate in sala. C’è spazio anche per grossi momenti di riflessione, ed un finale decisamente memorabile, non strappalacrime, ma molto più intenso, toccante ed evocativo rispetto ai due film precedenti. La produzione di questo Hachiko nel 2023 pone in auge la forte sensibilità del cast e del regista, che in maniera ineccepibile portano, sul grande schermo, oltre che più di una decina di Akita sul set, una Storia di unica ed incondizionata fedeltà a quattro zampe. La tipologia di Akita è peraltro decisamente esteticamente più in linea con il “vero” Hachiko, e diverse curatissime e minuziosamente selezionate colonne sonore sanno anche fare da padrone.

Personalmente quest’ultimo Hachiko si rivela migliore, sotto vari aspetti: come qualità della trama, ben più colorita e rimpolpata, di intensità dei vari girati, ed un finale a più tempi che aumenta la sua intensità mano a mano che le scene vengono mostrate, a mo’ di climax (vi evitiamo assolutamente spoiler) e che induce alla commozione anche le persone più dure.

I paesaggi evocativi, le riprese dai mezzi di trasporto come la funivia, utilizzato dal docente per dirigersi ogni giorno al lavoro, sono curate nei minimi dettagli, e rendono bene l’atmosfera di un pezzo di Cina con ancora degli spazi di incontaminazione. Inutile dire che l’Hachiko di quest’anno è assolutamente da vedere: per questo, volutamente, non abbiamo voluto farvi enormi spoiler.

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