Siamo nel 1976 e il mercato dei videogiochi era fiorente. I cabinati arcade, nei locali che potevano permetterselo, cominciavano a spuntare come funghi, ma sino a quel momento per eliminare l’avversario potevi usare solo le armi. Di menare le mani, non ancora se ne parlava, ma SEGA creò a quei tempi, seppur sparito e ai molti sconosciuto, il primo vero picchiaduro di sempre ovvero “Heavyweight Champ“. sebbene molto limitato in grafica e controlli, ha essenzialmente tutto ciò che è riscontrabile anche nei moderni beat ’em up: almeno due avversari che s’affrontano, combinazioni di direzioni e tasti per i colpi, indicatore della barra dell’energia per ciascun personaggio.

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Però nel lungo filone della storia, andando con ordine, le origini del genere dei picchiaduro standardizzato più o meno come noi lo intendiamo ora si fanno convenzionalmente coincidere con il famoso arcade “Double Dragon” del 1987, sviluppato dalla Technōs Japan. L’epoca doro dei picchiaduro comunque si dimostrerà essere la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90: un periodo veramente di grazia, in cui aziende del calibro di CAPCOMSNK, la già citata SEGAKonami e Data East produrranno giochi entusiasmanti, diventati dei classici senza tempo e che contribuiranno in maniera essenziale alla storia dell’arte videoludica.

“Double Dragon” e lo scorrimento orizzontale

Come già accennato, “Double Dragon” del 1987 è il primo picchiaduro di notevole fama uscito sul mercato, in un periodo in cui la grande crisi del settore dei videogiochi stava finalmente volgendo al termine.
Dopo il crack di molte aziende cominciato nel 1983, l’intero settore aveva visto un massiccio spostamento di produzione, passando dall’America al Giappone.

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Proprio dal Giappone, ormai un paese moderno e dalla potenza industriale spaventosa, cominciarono a venire fuori titoli ben poco giapponesi, contaminati dalla produzione massiva di filmtelefilm e fumetti americani.

“Double Dragon” è esattamente uno di essi: punk a bestia e tamarri ipertrofici si scontrano in un picchiaduro a scorrimento orizzontale, dove il personaggio controllato dal giocatore deve superare una serie di livelli, muovendosi da sinistra verso destra, cambiando schermata e resistendo alle ondate di nemici che via via si presentano.

È un gioco bidimensionale, ma l’illusione della profondità è data usando una prospettiva cavaliera, in cui i personaggi si possono muovere in tutte le direzioni possibili sugli assi cartesiani. Alla fine di ogni livello, c’è da affrontare un boss, ossia un avversario particolarmente difficile da battere. “Double Dragon” prevede una serie abbastanza variegata di mosse e colpi a disposizione di Billy e Jimmy Lee, i protagonisti del gioco: calci rotanticalci volantiginocchiategomitatepugni diretti, uppercut e proiezioni, ed il tutto è abbastanza sensazionale considerando che, a parte lo stick analogico per muovere il personaggio, gli altri comandi sono solo tre pulsanti (pugni, calci e salto).

Durante il corso del gioco, inoltre, si possono raccogliere armi bianche come nunchakumazzebarilispade e coltelli, usandoli contro i nemici. L’ambientazione del titolo è da puri anni ’80, ossia una New York marcia e ridotta in ginocchio dalle bande criminali, in cui la giustizia privata e sommaria è l’unico modo per sopravvivere.

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Un cliché sicuramente, così come tutta la caratterizzazione dei personaggi è grottescamente retorica: i muscoli pompati all’inverosimile, i cattivi parodiati all’ennesima potenza, l’ambientazione post-atomica mista ai film di Bruce Lee (non a caso il cognome dei due fratelli è proprio Lee)… Insomma, tutti elementi che diverranno poi comuni in tante altre produzioni successive.
Il genere di beat ’em up a scorrimento laterale rimarrà di grandissimo successo sino alla prima metà degli anni ’90, risultando un classico del periodo d’oro degli arcade.

Nei Beat ’em Up nascono I picchiaduro ad incontri

Nel 1984 la Data East pubblicò un videogioco basato sullo stesso concetto di “Heavyweight Champ”, ma ambientato nel mondo dei dojo e del karate“Karate Champ”, per l’appunto. Il titolo vede confrontarsi direttamente due giocatori, inizialmente un umano ed un computer ma poi anche due esseri umani in contemporanea. Il sistema di controllo è ingegnoso, anche se molto complicato: niente pulsanti e due leve analoghiche a quattro direzioni, con quella di sinistra che controlla i movimenti, e quella di destra che governa i colpi.

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La combinazione tra le due leve genera sedici possibili combinazioni di colpi: niente male davvero, per un gioco del 1984. L’anno dopo il titolo fu perfezionato da Konami, che riprese tutti i concetti di “Karate Champ” ed aggiunse la barra dell’energia e svariati personaggi da poter selezionare all’inizio del gioco, chiamando lo stesso “Yie Ar Kung-Fu”. Sia “Karate Champ” che “Yie Ar Kung-Fu” sono considerati i prototipi ideali dell’enorme quantità di titoli che saranno poi prodotti dopo di loro.

Nel 1987, l’azienda giapponese CAPCOM fece uscire sul mercato un titolo destinato ad avere un ottimo successo, aprendo la strada ad una saga che è ancora sulla cresta dell’onda: “Street Fighter”.

Dalla grafica notevole per il periodo, “Street Fighter introduce la regola dei round vinti, che poi diventerà standard nel genere: ogni incontro si svolge al meglio di tre round, e chi ne vince due su tre si aggiudica il match. I round possono anche finire in parità (caso raro, ma possibile): in quel caso, il round si ripete.

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Il primo “Street Fighter” immetterà sul mercato personaggi destinati a diventare molto famosi nei successivi episodi: si pensi ad esempio a Ryu, oppure al suo eterno amico-rivale Ken.La collisione tra gli sprite è abbastanza precisa per il tempo, mentre il rooster dei personaggi è vario, ma è limitato dal fatto che, nel gioco in singolo, è possibile scegliere solo Ryu o Ken.

Si nota sempre la presenza di personaggi stereotipati, eppure la loro caratterizzazione è minuziosamente curata dai programmatori, così come l’abbozzo di storia alla base del torneo ‘da strada’; questo fatto, ossia puntare molto sull’aspetto ed i particolari stili di lotta dei personaggi, differenziandoli tutti, sarà considerato come il vero e proprio punto di partenza per il genere. “Street Fighter” è un ottimo gioco, sicuramente il picchiaduro con concezione moderna che è possibile classificare come una perla del passato, ma il suo ricordo è stato oscurato dal suo seguito, divenuto talmente popolare da cannibalizzare un po’ tutto… Persino sé stesso.

Altered Beast

Nel 1988, SEGA mette sul mercato il suo primo beat ’em up a scorrimento orizzonale, ossia “Altered Beast”.Al contrario di “Double Dragon”, la visuale è puramente bidimensionale: il protagonista, un centurione romano morto e sepolto da tempo, riportato in vita da Zeus per salvare sua figlia Atena rapita dal malvagio dio Neff, può muoversi solo a destra o a sinistra, peraltro in maniera limitata per via dello scrolling dello schermo, che non permette staticità delle battaglie (eccetto che contro i boss di fine livello).

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Il gioco, molto difficile ai tempi anche per via dello scorrimento continuo dell’immagine, vede un bestiario fantasy e mitologico ben fornito, ed è uno dei primi titoli picchiaduro a scostarsi dal contesto urbano e violento, per raccontare una trama ambientata in un mondo di pura fantasia. È anche il primo beat ’em up in assoluto a mettere in mano al giocatore un personaggio giocabile non necessariamente umano: nel corso dei livelli, infatti, il centurione può assorbire determinate sfere energetiche uccidendo dei cerberi a due teste, ed una volta assorbiti tre potenziamenti, si potrà trasformare in una creatura fantastica, come un uomo-lupo, un uomo-drago, un uomo-orso e via discorrendo.

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Le combinazioni di mosse usabili dal personaggio sono molto limitate, almeno nella versione umana: solo calci o pugni, ma la situazione cambia quando ci si trasforma in una creatura bestiale, dotata anche di un attacco speciale (per tipologia). Il gioco, sebbene in alcune parti veramente frustrante, specie per il sistema di controllo molto rigido, fu un ottimo successo nelle sale giochi, tanto che fu anche uno dei titoli di lancio del nuovo sistema casalingo di SEGA, il SEGA Megadrive (o SEGA Genesis, negli Stati Uniti).

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