La seconda recensione di un film del FEFF è dedicato a Rabid, di produzione Filippina.

Divisa in quattro episodi, questa pellicola parla in maniera più o meno diretta del coronavirus.
Essa ci mostra come questa pandemia ha cambiato fortemente le società di tutto il mondo.
Purtroppo però molti dei cambiamenti sono stati inevitabilmente negativi e lo spettatore, guardando questo film, percepisce solo questi.
Il primo episodio ci parla infatti di come è peggiorato il nostro modo di vedere gli altri, a cui non riusciamo dare più un briciolo di fiducia perché ai nostri occhi è un’ untore.
Il secondo ci mostra in maniera quasi metaforica la tragica situazione negli ospedali.
Il terzo, che è veramente ambientato in ospedale (il secondo è ambientato in una grotta) parla del brutto atteggiamento di alcuni infermieri nei confronti dei pazienti e di come il covid per noi sia quasi come una realtà alternanza.
In fine, l ‘ ultimo cortometraggio , è incentrato sulla maniera immorale di guadagnarsi da vivere che alcuni hanno cominciato a utilizzare durante questo buio periodo.
Questo molto probabilmente è l’ episodio più scioccante e spietato dei quattro.
I 4 cortometraggi, seppure incentrati sugli stessi temi, sono diversi non solo per genere ma anche per il tipo di linguaggio cinematografico.
Il primo è un thriller che racconta l’ invasione casalinga di una donna che ha perso la persona che si prendeva cura di lei (morta di covid).
Questa misteriosa donna chiede ospitalità a una famiglia, in cui la madre accetta volentieri, ma gli altri compi dubitano continuamente di lei.
Arriverà un punto in cui la vorranno cacciare di casa ma essa si dimostra essere una strega con poteri telepatici.
Con essi renderà questa famiglia schiava dei suoi ordini, diventando di fatto l’ unica vera padrona di casa.
La regia è semplice ma efficace poiché si concentra molto sui personaggi, interpretati benissimo.
La fotografia è scura, spenta, ottima per le atmosfere.
Il secondo episodio, che mostra un uomo che tenta di curare sua moglie da un’ ignota malattia, è girato in bianco e nero e con una regia statica, con pochissimi movimenti di macchina.
Il terzo ha forse la regia più bella, grazie al fatto che è un horror, ovvero di un genere dove si punta tutto con regia è fotografia ottime per costruire momenti di tensione.
Esso parla di questa infermiera che viene perseguitata da una paziente, ma il tutto sembra accadere in un altra dimensione dell’ ospedale.
Il quarto parla di una venditrice di cibo online che, dato il disastroso insuccesso, dopo aver consultato un sito russo, decide di fare una cosa assurda.
Infatti comincia a condire il suo cibo con un ingrediente segreto che in realtà è una droga.
Così facendo non rende dipendenti dal suo prodotto solo un sacco di clienti, ma anche il suo figlio.
Questo ci mostra come ormai la pandemia ci abbia costretto ad utilizzare di più il digitale e cosa certa gente è disposta a fare pur di andare avanti.
La regia è molto bella ed è geniale il fatto che ci vengano mostrate le varie schermate degli strumenti digitali nell’ ambiente esterno, quasi come per dare una sensazione più futuristica e distopica.






